15.04.2014, 07:05 RSI, Rete Due
I tempi del tempo
Con 11 minuti e 48 secondi Otto Klemperer ci impiega quasi il doppio del velocissimo Paul McCreesh che ci mette invece la bazzecola di 6 minuti e 6 secondi. Sotto i 7 minuti troviamo il recentissimo Rudolf Lutz seguito da Nikolaus Harnoncourt, Stephen Cleobury, Helmuth Rilling e per un pelo anche i due maestri Philippe Herreweghe e Ton Koopman, ambedue ex aequo con 6 minuti e 59 secondi. Sir John Eliot Gardiner ci impiega già 7 minuti e 1 secondo, seguito a ruota, sempre sotto gli otto minuti, da Sigiswald Kuijken e, fuori serie perché in traduzione inglese, Leonard Bernstein con 7 minuti e 46 secondi. Giungono poi i maestri degli otto minuti con Masaaki Suzuki, Georg Christoph Biller e il nuovissimo René Jacobs con 8 minuti e 31 secondi. Infine abbiamo i lentissimi con Karl Richter sui 9 minuti e 51 secondi e il già citato Otto Klemperer con quasi una dozzina di minuti.
Siamo nella settimana dopo la Domenica delle palme e questo venerdì i cristiani celebreranno la crocifissione di Gesù. Stiamo dunque ovviamente parlando del brano d’apertura Kommt, ihr Töchter, helft mir klagen della Passione secondo Matteo (BWV 244), la genialissima composizione per doppio coro e doppia orchestra composta da Johann Sebastian Bach e che ebbe la sua prima nella Thomaskirche a Lipsia il Venerdì santo del 1727. Il testo si basa sui capitoli 26 e 27 del Vangelo di Matteo nella traduzione in tedesco di Martin Lutero su libretto del poeta Picander.
Bach rielaborò più volte la sua “grande passione” e la versione oggi prevalentemente usata è quella del 1736 della quale esiste un accuratissimo manoscritto che è considerato il più magnifico autografo del geniale compositore e che mostra nel contempo la grande importanza che rivestiva quest’opera per l’autore stesso.
Ma disponendo dunque del manoscritto autografo, come mai è possibile che tra il dirigente più veloce e quello più lento vi sia oggi una discrepanza del tempo d’esecuzione di quasi del 100 per cento?
Ordunque bisogna sapere che se è vero che già verso la fine del XVII secolo v’erano idee per creare un metronomo a pendolo, la prassi all’epoca di Bach consisteva ancora nel seguire il cosiddetto «tactus», basato cioè sul battito del polso dal quale si componeva un sistema di proporzioni per definire i tempi dell’esecuzione musicale, dando così vita a una convenzione sul cosiddetto “tempo giusto”. Ogni epoca ha così sviluppato il proprio concetto del “tempo giusto” di Bach e le varie interpretazioni del tempo giusto variano oggi da 72 a 88 battiti oppure da 65 a 95 battiti al minuto. Fino agli anni Settanta del XX secolo i dirigenti tendevano a tempi lenti poi giunsero gli esperti del barocco che accelerarono il tempo d’esecuzione per distanziarsi da una tradizione romantica e rivedere anche il concetto delle voci dei cori. Per finire possiamo dire che non c’è un «tempo giusto» ma che ogni tempo ha creato i propri tempi.