2 gennaio 2022, RSI
News, 12:30
Il Governo del 1991 spaccato sull’Europa
È venuta meno la segretezza dei dossier della Confederazione nell’anno del 700mo. I sette saggi erano divisi come non mai.
Con l’inizio dell’anno è scaduto il periodo di protezione – quindi di segretezza – dei dossier della Confederazione del 1991. Un anno fulcro caratterizzato dalle guerre nell’ex Iugoslavia, dalla guerra del Golfo e dal crollo dell’Unione Sovietica, eventi che hanno segnato la politica estera elvetica dell’epoca. « Sono documenti molto interessanti, perché mostrano un certo disincanto rispetto al 1990, che era stato un anno di forti speranze dopo la fine della Guerra fredda », afferma lo storico Sacha Zala ai microfoni della RSI. Per la Svizzera, però, è soprattutto « l’anno del 700esimo con Flavio Cotti presidente e l’anno in cui si pone in maniera molto forte la questione dell’adesione allo Spazio economico europeo ».
Nel Governo chiamato a decidere sulla conclusione dell’accordo fra i membri della Comunità europea e quelli dell’AELS non regnava decisamente l’unanimità: « I documenti mostrano dibattiti molto animati all’interno del Consiglio federale, spaccato su tutte le opzioni possibili e immaginabili », racconta il
direttore del Centro di ricerca Documenti diplomatici svizzeri. « Una parte voleva concludere l’intesa il prima possibile e inoltrare una richiesta di adesione, una parte – e fra questi Flavio Cotti- optava per un’adesione diretta alla Comunità europea », racconta Zala.
Emblematica la seduta del 17 aprile, in cui il responsabile della diplomazia René Felber difese il testo, per quanto svantaggioso per la Confederazione, il suo compagno socialista Otto Stich sostenne che « un cattivo trattato non può mai essere considerato un passo nella buona direzione » e il liberale-radicale Kaspar Villiger era dell’idea che il
Paese si avviasse ad essere « uno Stato vassallo » dell’allora CE (prese il nome di Unione Europa solo in seguito, con il Trattato di Maastricht).
Un dibattito che ricorda un po’ la situazione vissuta nel 2021 con l’accordo quadro? « Le discussioni in Governo sull’accordo quadro le conosceremo fra 30 anni quando cadrà il segreto », ride Zala, « ma da quello che è trapelato sulla stampa sembra palese che il dibattito fosse complesso e il Consiglio federale non proprio unito ».
Il 22 ottobre 1991 Felber e Jean-Pascal Délamuraz – dopo che Berna aveva più volte manifestato il suo malcontento – accettarono i risultati dei negoziati e dichiararono che l’adesione era un obiettivo strategico. In novembre la Commissione di politica estera degli Stati avvertì che la votazione popolare « non era ancora vinta ».
Il finale della storia già lo conoscevamo: il 6 dicembre del 1992 si andò alle urne e il popolo disse « no » nella misura del 50,3%, con uno scarto di soli 14’000 voti. Dei sette Paesi dell’Associazione europea di libero scambio coinvolti nel trattato di allora, la Svizzera scelse la via bilaterale che oggi sta mostrando i suoi limiti. Islanda, Liechtenstein e Norvegia restano membri dello SEE, mentre Austria, Finlandia e Svezia hanno nel frattempo aderito all’UE.
Il segreto
Il termine di 30 anni internazionalmente è abbastanza canonico, spiega Zala, e vale anche in diversi altri Paesi. In Svizzera è codificato da una legge del 1998. Per testi particolarmente sensibili, il termine è di 50 anni. La Confederazione, ricorda Zala, è sempre la prima a pubblicare, subito all’inizio dell’anno, « una cosa estremamente importante per stimolare nuove ricerche ». « I 1’600 documenti che ora diffondiamo permettono a nuove generazioni di studenti e studentesse di lanciarsi in nuovo ricerche che rafforzeranno le nostre conoscenze sulla storia svizzera ».