04.06.2013, 07:05 (12:45) RSI, Rete due, Oggi la storia:
Rousseau ed il progresso della storia (03:21)
Il 28 giugno di 201 anni fa, nasceva a Ginevra il filosofo, scrittore, pedagogo, naturalista e compositore Jean-Jacques Rousseau, uno dei celeberrimi rappresentanti del movimento dell’illuminismo. La celebrità Rousseau la raggiunse nel 1750 con il suo trattato filosofico «Discorso sulle scienze e le arti». Il libello di 60 pagine era la risposta del filosofo ginevrino al concorso indetto dall’Accademia di Digione sulla questione «se il progresso delle scienze e delle arti abbia contribuito a migliorare i costumi». Al quesito Rousseau rispose con un veemente «no», sviluppando una pungente critica alla civiltà che si contrapponeva allo «stato della natura» nel quale l’essere umano godeva d’assoluta felicità. Il progresso della scienza non aveva dunque apportato nessun beneficio all’umanità. Questa tesi contrastava nettamente la visione illuminista dell’inalienabile ruolo del progresso delle scienze e della cultura per il miglioramento dell’uomo liberato così da tutte le false credenze e superstizioni e valse a Rousseau il primo premio dall’Accademia di Digione e la celebrità.
La questione del 1750 sul miglioramento della morale oggi può apparirci assai remota. Potremmo però declinarla chiedendoci se il progresso delle scienze storiche possa contribuire a migliorare il patriottismo? Effettivamente Rousseau era più avanti dei suoi tempi quando sosteneva che «lo spirito patriottico è uno spirito esclusivo che ci fa apparire come nemici tutti coloro che non sono nostri concittadini». In vero c’è un intimo e intenso nesso tra la storiografia e la nazione: nel XIX secolo gli storici riscoprirono il documento del 1291 per inventare e dare vita ad un «eterno patto federale» che il 1° agosto 1891 si sarebbe ripetuto per la 600esima volta ma che veniva invece festeggiato per la prima volta in tutto il Paese. Il conservatore francese Ernest Renan già nel 1882 con assoluta lucidità aveva riconosciuto che le scienze storiche potevano però anche essere esplosive per la nazione: «L’oblio e direi pure l’errore storico – scriveva nel suo saggio «Cos’è una nazione» – sono un fattore essenziale per la creazione d’una nazione ed è così che il progresso degli studi storici sovente è un pericolo per la nazione». Il progresso della ricerca storica è dunque spesso un pericolo per la nazione?
La controversia sul ruolo della Svizzera durante la Seconda guerra mondiale che dagli anni Novanta ha colpito il Paese creando per riflesso anche un orribile movimento contro storici ed intellettuali parrebbe dunque dare ragione sia a Renan sia in ultima analisi a Rousseau. Eppure ambedue sbagliavano: il progresso della ricerca storica non può che essere di gran beneficio per la nazione e il patriottismo, purtroppo questo non si manifesta dappertutto con spirito illuminista.