24.09.2014, 07:05 RSI, Rete Due
Il potere degli archivi
Già nel secondo giorno della Rivoluzione d’Ottobre del 1917, Lenin proclamò solennemente che il governo rivoluzionario si sarebbe subito mosso per pubblicare tutti gli accordi segreti. Così i bolscevichi ruppero i sigilli degli archivi dello Zar e iniziarono tosto a piazzare nella stampa tutta una serie di documenti con il dichiarato intento di discreditare la diplomazia capitalista e imperialista, rea d’aver precipitato il mondo nella più terribile delle guerre mai viste. La propaganda rivoluzionaria riuscì in pieno a raggiungere il proprio scopo: le rivelazioni tratte dagli archivi del deposto imperatore finirono sui giornali di tutto il pianeta.L’opinione pubblica internazionale apprese dunque attonita dell’esistenza di diversi accordi segreti tra le grandi potenze. Tra questi c’erano anche accordi politicamente molto esplosivi, come il patto di Londra dell’aprile 1915 che concedeva all’Italia, per la sua entrata in guerra, estesissime concessioni territoriali oppure l’accordo Sykes-Picot del 1916 nel quale Francia e Gran Bretagna discretamente si suddividevano tra loro la parte asiatica dell’Impero ottomano, nonostante ciò fosse in stridente contrasto con quanto promesso agli ebrei e agli arabi.
Gli archivi, effettivamente, non sono nati per il diletto della ricerca storica, ma sono da sempre stati uno strumento del potere. Nei loro meandri, i potenti hanno sempre gelosamente custodito le pergamene e poi le carte che permettessero loro di legittimare il proprio dominio. Il lungo e secolare processo di democratizzazione ha finalmente condotto gli Stati, democratici, ad aprire i propri archivi e a permettere lo studio anche dei documenti più recenti, creando così le basi per la ricerca sulla storia contemporanea.
Anche la Svizzera, nel non così lontano 1998, si è finalmente dotata di una Legge federale sull’archiviazione. Sostanzialmente, con questa normativa, il legislatore intendeva rendere pubblici i documenti della Confederazione dopo un termine di «protezione» di 30 anni. Al Consiglio federale rimane però la facoltà di vietarne ulteriormente la consultazione. E così, nel corso dell’ultimo decennio, sempre più documenti sono stati sottratti alla libera consultazione prevista dalla legge. La goccia, che si spera farà traboccare il vaso, è caduta all’inizio di quest’anno, quando il Consiglio federale ha deciso di bloccare l’accesso a diverse centinaia di metri lineari di documenti, tra i quali moltissimi che fino all’anno scorso erano liberamente consultabili. Proprio in questi giorni, la Consigliera nazionale Silva Semadeni ha lanciato un’interpellanza parlamentare per chiedere lumi sui motivi che hanno portato il potere a richiudere i suoi archivi.
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